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I VIRTUOSI DI SAN MARTINO
I VIRTUOSI DI SAN MARTINO


I Virtuosi di San Martino nascono a Napoli nel 1994. Un quintetto (flauto traverso, violino, violoncello, chitarra e voce) che si propone innanzitutto la rivisitazione di materiale di repertorio attingendo alla tradizione della canzone popolare degli anni trenta, in una formula che occhieggia alla musica “colta” e al teatro. I loro progetti in 25 anni di attività sono stati: “Ciccio Concerto” (1994), “Nel nome di Ciccio” (1995), “So’ tribbale” (1996), “Piedigrotta Lunaire” (1996), “Blu Carogna” (1997), “Carogna Suite” (1997-98), “Arena Olimpia” (1998-99 in partecipazione alla produzione di Enzo Moscato), “Medea Marturano” (2001), “Vade retrò” (2002), “Tintarella di sale” (2003), “5 in condotta” (2007), “Napoli sopra e sotto” (2007), “La Repubblica di Salotto” (2009), “Tutti con me” (2012-2013 in partecipazione), “Capitoni coraggiosi” (2013-14), “Rottami” (2013-14),
I Virtuosi di San Martino si propongono di far sprofondare nella loro formula a cavallo tra teatro e musica, divisa tra avanspettacolo e opera, formula che occhieggia e talvolta sbeffeggia la musica “colta” nella sua riduzione a luogo comune. Si propongono inoltre di introdurre nel teatro quanto manca ai concerti e nei concerti quanto manca della ritualità del teatro. Alcune delle loro canzoni sono ormai dei veri e propri piccoli cult per il loro pubblico. Del resto è proprio la forma canzone che i Virtuosi hanno prediletto per molti anni, e che ancora prediligono, essendo essa quella maggiormente legata –a loro giudizio- alle modalità di fruizione del pubblico dei nostri tempi. Inoltre i Virtuosi hanno reintrodotto un uso “tragico” del coro, rifacendosi sia ai poeti del grande teatro greco, sia all’opera lirica, sia però anche ai Beatles, a Zappa e ad altri. Essi hanno la pretesa di avere inaugurato un vero e proprio stile, fondato sullo sprofondamento, e quindi sul superamento, dei “generi”, ritenendo che il teatro sia uno e che soprattutto la musica sia una. Tuttavia al termine contaminazione, che pure tanti critici hanno associato alle loro performances, essi prediligono il concetto di Teatro-Musica Frankenstein, di un teatro musicale cioè che smembri corpi di cadaveri (musicali e teatrali, appunto) per ricomporre una macchina a tratti mostruosa, a tratti comica.

Roberto Del Gaudio, voce
Federico Odling, violoncello
Vittorio Ricciardi, flauto
Francesca Strazzullo, violino
Vito Palazzo, chitarra
Proposte di concerti / spettacoli
Totò, che tragedia!

In Totò, che tragedia! l’ensemble affronta il repertorio di Totò, scoprendo del grande attore napoletano anche il mondo più privato e una storia sentimentale poco nota: il tormentato amore con la ballerina Liliana Castagnola, il cui tragico epilogo fa da contraltare alla potenza spettacolare di uno dei più grandi comici del Novecento. Il punto di partenza è la militanza artistica di Totò nell’avanspettacolo e nella rivista; le sue frequentazioni con i De Filippo al Teatro Nuovo di Napoli, e poi con la Magnani, con Aldo Fabrizi, con Nino Taranto, con Mario Castellano, nella costruzione della sua personale macchina comica: il burattino, il cantante, l’attore, l’autore, facoltà virtuosistiche rivolte all’arte della risata. Ma dietro questa c’è l’uomo e la sua storia con Liliana, la sua “militanza sentimentale”. Totò, che tragedia! è il racconto di un doppio binario di dolore e di gioia, di parole e musica, sul quale si fonda il mito del Principe De Curtis.

Con Roberto Del Gaudio (voce, drammaturgia),
Federico Odling (violoncello, rielaborazioni musicali),
Vittorio Ricciardi (flauto), (violino) (chitarra).
Disegno luci di Lucio Sabatino,
assistente alla regia Victoria De Campora,
direzione tecnica Lello Becchimanzi.
Nel nome di Ciccio
di Roberto Del Gaudio
musica di Federico Odling

Nel nome di Ciccio" è una esilarante carrellata di canzoni, brandelli, situazioni, tratti dal vastissimo repertorio del teatro di avanspettacolo, della rivista, del teatro musicale. Un omaggio al grande Nino Taranto. I Virtuosi di San Martino, alla loro maniera, rivisitano la "Macchietta" , forma prediletta dagli autori Pisano e Cioffi che hanno inventato decine e decine di personaggi: dal celeberrimo Ciccio Formaggio a Nicola Quagliarulo, da Carlo Mazza e Rosa Pezza a Cosima. Diciamo personaggi perché la Macchietta disegna piccole storie di piccoli uomini, buffi, strambi, sempre esilaranti, tutte riconducibili a sgambetti di linguaggio e di situazioni, all'interno delle quali queste figure rivelano la loro crisi e la loro drammatica comicità. Si tratta dunque di teatro musicale in senso stretto, e non è un caso che questa forma di arte scenica era frequentata dai più grandi attori del Novecento: Nicola Maldacea, Ettore Petrolini, Raffaele Viviani, Totò, Aldo Fabrizi, lo stesso Taranto e perfino un giovane Eduardo. Un teatro-musica ante litteram, che i Virtuosi provano a sospingere comicamente verso la sua evidenza di attualità, convinti che questa sia ancora l'epoca dei Ciccio Formaggio, che "non tiene il coraggio nemmeno 'e parlà". La proposta de’ I Virtuosi di San Martino si fonda su una necessità ardita: estromettere dalla creazione - intesa come invenzione ed esecuzione ad un tempo - i due segni dominanti della nostra epoca: la classificazione e la ripetibilità all’infinito, i quali segni ri-finalizzano l’arte al suo misero senso di merce (magari ben confezionata). E ciò nel nome di Ciccio (Formaggio), eroe (?) minore di una canzone umoristica degli anni ’40, una “macchietta” che sembra denunciare il dispetto della impotenza che lo lega alla sua perfida moglie, proprio come noi siamo legati al nostro declino, al vizio inspiegabile della dissoluzione del femminile. I Virtuosi costruiscono una spirale di ispirazione barocca nella quale annegano con il pretesto della citazione tutti gli stili musicali, imbellettati ormai nel luogo comune del concerto d’occasione. Un processo di liberazione che avendo il carattere funerario di una Morte che danza (e che ride) propone una Resurrezione del divertimento dionisiaco e rituale che sembra purtroppo non appartenere più né alla musica, né al teatro. Da Rossini ai Beatles, dai “Mariachi” a Schonberg, da Sant’Agostino agli Squallor, è una labirintite acuta a condurci nella possibilità estrema di cogliere l’essenza unica di un’Arte che si avvia ad essere divisa per sempre da se stessa.
Roberto Del Gaudio voce (tammorra, ghiaia)
Vittorio Ricciardi flauto e ottavino (temple-blocks, voce)
Francesca Stazzullo violino (putipù, voce)
Vito Palazzo chitarra (guiro, voce)
Federico Odling violoncello (bongos, voce)
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